Negli ultimi anni è successo qualcosa che ha cambiato in modo irreversibile il lavoro: le competenze non sono più un requisito, ma l’infrastruttura stessa su cui si regge un’organizzazione.
Stiamo assistendo a ruoli che si trasformano completamente, nuove tecnologie, team ibridi che richiedono modalità di collaborazione completamente diverse.
In molti casi, ciò che manca non sono le persone giuste, ma la capacità di capire quali competenze servono davvero e come si combinano tra loro per generare performance.
È per questo che sempre più HR stanno tornando a uno strumento tanto classico quanto indispensabile: il modello di competenze.
Il Competency Framework è uno strumento che permette a HR e manager di avere una visione chiara e condivisa di ciò che serve davvero per avere successo in un ruolo, in un team o nell’intera organizzazione.
Uno strumento fondamentale soprattutto se pensiamo che, secondo McKinsey, il 44% delle organizzazioni dichiara di affrontare o prevedere gap di competenze critiche nei prossimi cinque anni.
Possiamo dire che oggi, senza un modello di competenze, diventa quasi impossibile assumere bene, valutare in modo oggettivo, progettare piani di crescita o guidare programmi di upskilling e reskilling.
Vediamo come costruire un modello di competenze realmente utile e applicabile nella tua azienda.
Un modello di competenze (o competency framework) è una mappa strutturata che descrive le capacità, i comportamenti e le caratteristiche che una persona deve possedere per avere successo in un ruolo, in un team o in un’intera organizzazione.
Per semplificare, possiamo definirlo come un sistema che permette a HR e manager di misurare e definire le competenze richieste in una specifica azienda in modo chiaro, osservabile e replicabile, e di usarle per selezione, formazione, valutazione e sviluppo.
Per capire come nasce questa logica, basta guardare a tre contributi fondamentali che hanno costruito la base di tutti i modelli moderni.
Negli anni ‘70, David McClelland fu il primo a mettere in discussione i test di intelligenza e le valutazioni tradizionali usate nei processi di selezione.
Secondo lui, le aziende sbagliavano a misurare “quanto è intelligente una persona”, quando invece avrebbero dovuto misurare quali comportamenti producono performance eccellenti.
Da qui nasce il concetto moderno di competenza:
una combinazione di comportamenti osservabili che distingue chi performa meglio da chi performa nella media.
Questa visione ha aperto la strada a tutti i modelli di competenze successivi: valutazioni più oggettive, basate su evidenze, non su impressioni.
Pochi anni dopo, Richard Boyatzis ampliò il lavoro di McClelland mostrando che la performance eccellente nasce da un insieme integrato di:
Il suo modello è diventato uno standard nei processi HR, soprattutto in ambito di leadership development.
Quando si parla di modello di competenze, il riferimento più famoso è quello di Spencer & Spencer, autori del celebre Dizionario delle Competenze.
La loro intuizione chiave è il modello iceberg, che spiega perché alcune competenze sono visibili e misurabili, mentre altre lavorano “sotto la superficie”.

Secondo il modello:
È un modello che oggi molte aziende utilizzano per creare il proprio “catalogo” delle competenze e definire i percorsi di sviluppo interni e i profili di ruolo.
Un modello di competenze è una struttura che definisce come si comporta una persona che ha successo in un ruolo o in un’intera organizzazione.
Per questo, se devi costruire un modello, dovrai includere tutte le aree che influenzano realmente la performance: competenze tecniche, soft skill, capacità manageriali, valori e comportamenti osservabili.
Ecco le quattro dimensioni di cui tener conto.
Le hard skill sono le competenze più facilmente osservabili e verificabili: riguardano ciò che una persona sa e sa fare in termini tecnico-professionali.
Specifichiamo che le hard skill non seguono la logica dei comportamenti osservabili tipica delle soft skill.
Si valutano soprattutto attraverso test pratici, esercitazioni, prove tecniche o strumenti che misurano conoscenze e abilità operative, non comportamenti.
Qualche esempio?
Le soft skill sono le abilità comportamentali e relazionali che incidono sul modo in cui una persona lavora, collabora e affronta le situazioni complesse.
Rientrano in questa categoria competenze come:
Se cerchi degli esempi di soft skills ancora più specifici, leggi questa guida.
Questa categoria descrive le competenze necessarie per guidare persone, processi e decisioni.
Anche in questo caso, ecco degli esempi:
In un modello di competenze moderno, la leadership non si limita al “dirigere”, ma tiene in considerazione anche la capacità di creare contesti di lavoro sani, prendere decisioni consapevoli e sostenere il cambiamento.
Questa dimensione è spesso sottovalutata, ma è quella che distingue davvero un modello di competenze efficace da uno puramente descrittivo.
Qui rientrano:
Possiamo definirli il ponte tra “chi siamo come azienda” e “come ci si aspetta che le persone lavorino”.
Molti modelli moderni (pensiamo al modello delle competenze di Levati) prevedono proprio questo livello per garantire coerenza culturale e allineamento tra comportamenti e mission.
C’è da dire anche che, in molti modelli, valori e competenze vengono tenuti separati: i primi definiscono la cultura aziendale, i secondi descrivono ciò che serve per avere successo in un ruolo.
Unificarli o mantenerli distinti è una scelta progettuale che dipende dal livello di maturità HR e dagli obiettivi del modello.
Se gestisci persone, ruoli e processi HR, sai già quanto sia difficile prendere decisioni basandosi solo su job description generiche, valutazioni soggettive o percezioni dei manager. Un modello di competenze serve esattamente a questo: creare una base comune, chiara e misurabile per selezione, sviluppo, mobilità interna e performance.
Una precisazione importante: una competenza è sempre definita e valutata attraverso comportamenti osservabili.
Non valuti l’etichetta (“problem solving”), ma ciò che una persona fa: come analizza un problema, come propone soluzioni, come gestisce vincoli o priorità.
Gli indicatori comportamentali rendono la competenza misurabile e comparabile.
Ecco come costruire un competency framework, passo dopo passo.
Prima di scrivere anche solo una competenza, serve definire perché il modello ti serve.
La domanda chiave per ogni HR è: quali problemi deve aiutarti a risolvere?
Un modello funziona solo se nasce con uno scopo concreto. Senza questa chiarezza iniziale, rischia di diventare un documento perfetto sulla carta, ma inutilizzato nella pratica.
Questa è la fase più importante per un HR: capire quali competenze distinguono davvero chi performa dai profili medi.
In questo senso, è efficace combinare:
Una volta raccolti gli insight, è il momento di tradurli in un vero catalogo delle competenze.
Questo strumento diventerà poi il riferimento unico per selezione, valutazione e formazione.
Il catalogo deve descrivere:
La parte più importante non è il nome della competenza, ma la definizione operativa: cosa significa “collaborazione”? Come si riconosce “orientamento al risultato”? Quali comportamenti osservabili li identificano?
Ora il modello deve diventare operativo. Per ogni ruolo, HR e manager devono definire insieme quali competenze sono essenziali, quali sono distintive, quale livello di padronanza è richiesto.
Ad esempio, può essere utile integrare una scaletta con dei livelli di padronanza codificati:
Questa fase crea un vantaggio enorme: permette a te, come HR, di avere una base chiara per selezione, performance review e pianificazione dei percorsi di crescita.
Allo stesso tempo, permette ai manager di capire esattamente cosa aspettarsi da un ruolo evitando sovrapposizioni, vaghezze e richieste non realistiche.
Una delle difficoltà più grandi degli HR è l’allineamento con i manager.
La validazione da parte dei manager serve proprio per verificare che ciò che hai definito rispecchi davvero il lavoro quotidiano e che i manager possano riconoscersi nel modello.
Un HR può costruire un modello perfetto, ma se i manager non lo utilizzano, non genererà alcun impatto.
Una volta definito il modello di competenze, arriva il passaggio più delicato (e spesso più sottovalutato) per ogni HR: misurare le competenze in modo oggettivo.
Molte organizzazioni costruiscono cataloghi bellissimi e descrizioni dettagliate, ma cadono nella “trappola” di valutare il tutto con impressioni troppo soggettive.
Per evitare bias o errori di valutazione, puoi integrare strumenti diversi:
Uno dei limiti più grandi dei modelli di competenze è proprio la fase valutativa: se i manager valutano “a sensazione” o se l’HR non ha strumenti oggettivi, tutto il lavoro fatto a monte perde valore.
Skillvue risolve questo problema introducendo un approccio standardizzato, scientifico e scalabile:
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