Le 10 top skills che domineranno il mercato del lavoro

Negli ultimi tre anni il lessico HR è cambiato più dei dieci precedenti: skill gap, reskilling, talent shortage, AI readiness. Tutti concetti che riportano allo stesso punto: quali competenze servono davvero oggi per restare competitivi?

Fino a pochi anni fa la risposta era quasi sempre tecnica: conoscere strumenti, linguaggi, metodologie specifiche era la leva principale di selezione e sviluppo. L’accelerazione digitale, l’aumento della complessità dei ruoli e la diffusione dell’AI hanno ribaltato le priorità. Le aziende si sono rese conto che la sola specializzazione non basta: servono persone in grado di adattarsi, collaborare, comunicare, prendere decisioni e apprendere velocemente.

I dati ci confermano che la domanda è urgente. Pensa che, secondo una ricerca pubblicata su ResearchGate basata sull’analisi di migliaia di annunci e interviste a datori di lavoro, circa 74% dei selezionatori preferisce candidati con competenze soft rispetto a quelli con solo competenze tecniche.

Allo stesso modo, secondo Allwork, il 60% delle aziende europee afferma che le competenze “umane” (comunicazione, adattabilità, decision making) hanno acquisito più importanza rispetto a cinque anni fa.

La considerazione di fondo è che non basta più valutare ciò che una persona sa fare oggi, ma ciò che potrà fare domani.

Vediamo insieme le 10 top skills che stanno guidando il mercato del lavoro.

Hard skills, soft skills e power skills: cosa cambia davvero oggi

Complice l’innovazione digitale e i cambiamenti radicali degli ultimi anni, anche il modo in cui HR e aziende parlano di skills è cambiato. Fino a poco tempo fa la distinzione “hard e soft skills” sembrava sufficiente; oggi non basta più. 

Sappiamo che la trasformazione guidata da AI, nuovi modelli organizzativi e ruoli sempre più ibridi richiede una lettura delle competenze molto più precisa. Nello specifico, possiamo distinguere:

  • hard skills: sono le competenze tecniche e specifiche di un ruolo: linguaggi di programmazione, strumenti digitali, procedure operative, metodologie professionali. Possiamo misurarle in modo oggettivo e si apprendono tramite studio o formazione formale;
  • soft skills: sono competenze trasversali legate a comportamento, relazione, gestione di situazioni complesse: comunicazione, leadership, problem solving, pensiero critico, gestione dello stress. Nei classici elenchi di soft skills troviamo anche collaborazione, empatia, gestione dei conflitti, capacità decisionale. Sono competenze più difficili da misurare senza strumenti strutturati. Se vuoi approfondire meglio la differenza tra hard e soft skills, leggi questa guida;
  • power skills: è un termine introdotto e diffuso da LinkedIn e altre fonti autorevoli per indicare le competenze trasversali che oggi hanno un impatto diretto e misurabile sulla performance. In un certo senso è una categoria nuova che si sta formando a partire da quella delle soft skill: molti suggeriscono che vanno distinte in quanto sono abilità che guidano produttività, collaborazione e capacità di adattamento. Sarebbero power skills,, ad esempio, comunicazione efficace, adaptability, leadership, pensiero analitico, apprendimento continuo.

Perché le power skills stanno dominando?

Ci sono in particolare tre aspetti che ci spiegano perché queste competenze stanno diventando la valuta principale del lavoro moderno:

  1. sono quelle più difficili da automatizzare: le power skills sono dimensioni in cui l’AI non può sostituire l’essere umano;
  2. sono trasferibili tra ruoli e settori: le hard skills cambiano rapidamente (basti pensare alla velocità con cui evolvono le competenze digitali). Le power skills, invece, rimangono valide indipendentemente dal tool o dalla tecnologia corrente;
  3. determinano la performance, soprattutto nei ruoli complessi: quando i team sono interfunzionali e i processi cambiano spesso, ciò che fa la differenza non è solo “sapere fare”, ma “saper operare in contesti dinamici”: prendere decisioni, collaborare, gestire ambiguità, apprendere velocemente. Sono esattamente le dimensioni che costituiscono le power skills.

Passiamo ora alle 10 top skills più richieste e valutate nel mondo del lavoro e perché hanno un impatto così grande.

1. Pensiero critico

Il pensiero critico è la capacità di analizzare informazioni, valutare alternative, riconoscere bias e prendere decisioni basate su evidenze.


Dal punto di vista degli HR, è senza dubbio una delle soft skills o power skills più rilevanti perché predice affidabilità, autonomia decisionale e capacità di operare in contesti complessi.

È una competenza sempre più richiesta perché i ruoli sono meno procedurali e più orientati a problemi da risolvere e l’AI riduce il lavoro operativo, spostando il valore umano su capacità cognitive avanzate

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • pone domande di chiarificazione: ad esempio, chiede “perché”, “come”, “cosa succede se”. La persona con cui ti interfacci non accetta informazioni in modo passivo;
  • argomenta con logica, non con opinioni: durante l’intervista espone con chiarezza dei ragionamenti, non solo conclusioni;
  • valuta pro e contro di una scelta: quando racconta un’esperienza lavorativa, evidenzia alternative, trade-off, rischi e mitigazioni.

2. Problem solving 

Fino a qualche anno fa, relegavamo il problem solving nella semplice capacità di “trovare soluzioni”. Oggi significa saper scomporre un problema complesso, analizzare le cause reali (non solo i sintomi), coinvolgere le persone giuste e scegliere l’opzione più efficace in termini di tempi, impatto e rischi.

Possiamo considerarla come una skill critica perché influenza l’autonomia dei collaboratori, l’efficienza dei team e la capacità dell’azienda di reagire al cambiamento.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • racconta problemi complessi “per passi”: ad esempio, parlando delle sue esperienze, cita analisi, ipotesi, decisioni, test, correzioni. Sono tutte osservazioni che possiamo considerare come segno di metodo e non improvvisazione;
  • spiega il perché delle sue scelte: non si limita a dire cosa ha fatto, ma perché lo ha fatto in quel modo;
  • mostra consapevolezza dei trade-off: sa spiegare cosa ha funzionato, cosa no e cosa farebbe diversamente.

3. Comunicazione efficace (scritta, orale e digitale)

La comunicazione è una soft skill o power skill che determina la velocità dei team, la qualità delle decisioni e perfino il clima interno.


Con riunioni ibride, asincrone, documentazione condivisa e AI che moltiplica i flussi informativi, saper comunicare equivale soprattutto rendere il lavoro degli altri più semplice.

Parlando di comunicazione efficace, possiamo osservarla da tre diversi punti di vista:

  • comunicazione scritta: email, report, messaggi, prompt AI, documenti;
  • comunicazione orale:  riunioni, presentazioni, gestione delle obiezioni;
  • comunicazione digitale: capacità di adattare tono, sintesi e chiarezza ai diversi canali (Slack, Teams, Notion, ecc.).

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • sintetizza in modo naturale: quando risponde alle domande, parte dal punto chiave, poi aggiunge contesto. Non si perde in dettagli, non devia: la sua comunicazione ha struttura;
  • sa adattare il registro agli interlocutori: se gli chiedi di spiegarti un progetto tecnico, sa farlo prima “in modo semplice”, poi “in modo più approfondito”, poi “dal punto di vista di un manager”. Chi sa cambiare livello di dettaglio ha una reale flessibilità comunicativa;
  • fa domande chiarificatrici prima di rispondere: non parte in quarta. Prima chiede: “Per orientarmi meglio: quale parte ti interessa approfondire?”

4. Collaborazione interdisciplinare

Considerando che il mercato del lavoro si è evoluto verso team ibridi, progetti cross-funzionali e ruoli sempre meno “a silos”, la collaborazione interdisciplinare è diventata una delle skills più predittive di performance.

I professionisti con questa skill riescono a tradurre concetti tecnici per interlocutori non tecnici e a co-creare soluzioni mettendo insieme punti di vista diversi senza perdere di vista l’obiettivo comune.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • racconta esperienze in cui ha lavorato con funzioni molto diverse: spiega come ha gestito comunicazione, priorità, scadenze e differenze di linguaggio tecnico;
  • sa spiegare il proprio lavoro in modo comprensibile a chi non è del settore: se riesce a farlo in colloquio, è molto probabile che sappia farlo anche nel lavoro quotidiano;
  • porta esempi di problemi risolti grazie all’integrazione di competenze diverse: chi sa muoversi in questi spazi è altamente adattabile e scalabile nei team moderni.

5. Leadership adattiva (non solo per manager)

La leadership adattiva è una delle competenze che crescono più rapidamente in rilevanza nei contesti HR.
Pensa che, secondo il Future of Jobs Report 2025 del World Economic Forum, le competenze legate alla “leadership e all’influenza sociale” rientrano tra le Top 5 skills in crescita, spinte dalla trasformazione tecnologica e dalla maggiore complessità del lavoro moderno.

Questa forma di leadership non coincide con un ruolo gerarchico: è una competenza trasversale, utile in tutti i livelli dell’organizzazione.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • Porta esempi concreti di gestione del cambiamento: durante un’intervista BEI, descrive episodi reali in cui ha guidato altre persone in un momento incerto (nuovi processi, cambi di ruolo, cambi di priorità);
  • mantiene lucidità e struttura il pensiero sotto pressione:  un leader non improvvisa: chiarisce, ordina, facilita;
  • dimostra capacità di influenzare senza autorità formale: non parla di “ho deciso”, ma di “ho facilitato”, “ho costruito consenso”, “ho coinvolto…”.

6. Intelligenza emotiva

Quando si parla di intelligenza emotiva in ambito HR, il riferimento più autorevole resta il lavoro di Daniel Goleman, che la definisce come l’insieme di cinque dimensioni:

  1. Consapevolezza di sé
  2. Autoregolazione
  3. Motivazione
  4. Empatia
  5. Abilità sociali

Basandoci su questa definizione , è più semplice tradurre questi elementi in comportamenti osservabili: come una persona si comporta sotto stress, come ascolta, come regola le reazioni, come gestisce relazioni complesse.

L’intelligenza emotiva è talmente importante da essere un fattore determinante nelle performance. Secondo uno studio di TalentSmartEQ condotto su oltre 1 milione di lavoratori, il 90% dei top performer possiede livelli elevati di intelligenza emotiva, mentre è un tratto scarso nei low performer.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • risponde con consapevolezza, non in automatico: nei colloqui racconta situazioni critiche senza scaricare la responsabilità sugli altri;
  • usa un linguaggio che integra emozioni e fatti: non solo cosa è successo, ma come ha influito sulle persone coinvolte e quali decisioni ne sono derivate;
  • è capace di mantenere stabilità relazionale sotto pressione: durante role play o domande situazionali non si irrita, non si sbilancia, non perde focus. Mostra controllo emotivo e capacità di “tenere il campo” anche in conversazioni complesse.

7. Gestione delle priorità e del carico di lavoro

La gestione delle priorità è diventata una competenza cognitiva critica. Il motivo è presto detto: siamo “sommersi” da decine di stimoli, sia mentre lavoriamo, sia durante il nostro tempo libero. Il nostro cervello fa più fatica a mantenere il focus sulle singole attività, perché siamo perennemente distratti da notifiche, richieste, telefonate. 

Tanto che, secondo Anatomy of Work di Asana, passiamo il 62% del nostro tempo nel gestire attività banali e ripetitive, quando potremmo concentrare il nostro potenziale su aspetti realmente prioritari.

Saper definire priorità non significa “fare di più”, ma fare ciò che conta ed evitare dispersione.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • sa distinguere “urgente” da “strategico”: nei casi pratici descrive criteri chiari per identificare le attività prioritarie (impatto, dipendenze, rischio, scadenze);
  • dimostra capacità di rinegoziare il carico: è in grado di chiedere chiarimenti, riallineare le aspettative o ridefinire scope quando le priorità cambiano;
  • usa metodi e strumenti: parla spontaneamente di sistemi concreti (pensiamo a concetti come Kanban, time blocking, matrice Eisenhower, roadmap) e non solo di “organizzazione personale”.

8. AI literacy & prompting 

Fino a due anni fa nessun HR chiedeva a un candidato se “sapeva dialogare con l’AI”.
Oggi la AI literacy, cioè la capacità di comprendere, usare e valutare strumenti di intelligenza artificiale, è diventata una hard skill trasversale, richiesta in quasi tutte le funzioni aziendali.

Sappiamo che i professionisti in grado di usare l’AI sono più veloci, autonomi e capaci di ridurre (se non eliminare) gran parte delle attività ripetitive. Per questo motivo, l’uso dell’AI è ormai imprescindibile ed è importante saper riconoscere e valutare questa attitudine in un potenziale lavoratore.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • conosce le basi dei modelli AI: sa spiegare cosa sono addestramento, bias, hallucination, contesto e perché servono verifiche critiche dei risultati;
  • produce prompt strutturati e replicabili: descrive metodi (es. ruolo → obiettivo → vincoli → output atteso) e non si affida alla “chat casuale”;
  • sa valutare la qualità dell’output: non accetta l’output dell’AI in modo passivo. Al contrario. confronta, corregge, chiede riscontri, integra dati reali. 

9. Resilienza e gestione dello stress

Se c’è una competenza che negli ultimi anni ha smesso di essere “nice to have” per diventare un vero predittore di performance, è la resilienza.


In questo caso, non parliamo (solo) della capacità di “resistere allo stress”, ma di trasformarlo in adattamento efficace, decisioni lucide e continuità operativa anche in contesti instabili.

Secondo l’American Psychological Association (APA), le persone capaci di attivare strategie di coping strutturate mantengono livelli più alti di performance e minori segnali di burnout in periodi di forte pressione.

Dal punto di vista di un HR, avere candidati con questa skill è fondamentale, perché queste persone sanno gestire meglio le emergenze e migliorare la collaborazione all’interno del team.

In combinazione con soft skill come intelligenza emotiva e time management, diventa una competenza che migliora l’intero ciclo di lavoro.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • mostra capacità di “recovery” rapida dopo un imprevisto: sa spiegare come torna rapidamente operativo dopo una battuta d’arresto;
  • sa descrivere segnali personali di stress e come li monitora: un candidato davvero resiliente ha consapevolezza dei propri indicatori interni (fisici, emotivi, cognitivi) e li cita spontaneamente: “Mi accorgo che sto entrando in overload quando… e in quei casi faccio…”;
  • dimostra capacità di chiedere supporto in modo assertivo: chi è davvero resiliente sa attivare le risorse giuste (colleghi, manager, strumenti) prima del punto di rottura. Lo racconta con naturalezza e senza percepirlo come un segno di debolezza.

10. Creatività applicata ai problemi reali

C’è chi la chiama pensiero laterale, chi original thinking, chi problem reframing. Al di là delle etichette, la creatività applicata ai problemi reali è una delle power skills più preziose da riconoscere in un candidato.

Per un HR, avere in squadra persone con questa competenza significa trovare alternative quando budget, tempo o risorse sono limitate e, allo stesso tempo, generare idee utili per migliorare processi, onboarding, customer journey, workflow interni.

COME RICONOSCERLO IN UN CANDIDATO?

  • propone soluzioni originali che rimangono pratiche, non fantasiose: quando racconta un progetto, spiega come ha trasformato un’intuizione in una soluzione concreta, misurabile e implementata;
  • riesce a riformulare il problema prima ancora di cercare la soluzione: una persona con creatività applicata tende a fare domande, smontare l’assunto iniziale, esplorare l’angolo cieco. Lo noti perché dice cose come: “Il vero problema non era X, ma Y”;
  • mostra esempi di sperimentazione rapida (“testare per imparare”): racconta prototipi, test, prove veloci, segno che non teme l’errore, ma usa piccoli esperimenti per trovare la strada più efficace.

Come Skillvue aiuta gli HR a misurare e sviluppare le skill che contano davvero

Per un HR non è sufficiente sapere quali saranno le competenze più richieste: serve un modo oggettivo, rapido e scalabile per misurarle.

Skillvue nasce con un obiettivo preciso: rendere la valutazione delle competenze scientifica, affidabile e applicabile su larga scala, anche quando si parla di skill complesse come intelligenza emotiva, leadership adattiva, creatività o capacità di collaborazione.

Come lo fa, in concreto?

  • assessment psicometrici + AI: gli Skill Assessment combinano modelli psicometrici avanzati con algoritmi AI di ultima generazione, progettati per ridurre bias ed estrarre evidenze comportamentali reali, non impressioni soggettive;
  • misura di soft, hard e power skills: oltre 150 skill test tra hard skills, soft skills, transversal skills e molto altro che permettono di misurare tutte le competenze presenti in questa guida con facilità e immediatezza;
  • mappatura delle competenze e gap analysis immediata: ogni risultato viene tradotto in un profilo chiaro, con indicazioni su livello di padronanza, punti di forza, aree di sviluppo e suggerimenti operativi per training, onboarding e talent development.

Se vuoi valutare in modo oggettivo le competenze che domineranno il mercato del lavoro nei prossimi anni, Skillvue è il partner che ti permette di farlo in modo affidabile e scalabile.

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